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giovedì 19 novembre 2015

ALZA GLI OCCHI AL CIELO
Astronomia e Mitologia

di  Nazareno Darena


con Università della Terza Età Città di Gubbio

Grande interesse ieri mercoledì 18 novembre 2015 ha suscitato la “chiacchierata” (così l’ ha voluta chiamare lui stesso) del Ragioniere Nazareno Darena presso la sala ex Refettorio della Biblioteca Comunale di Gubbio.

Più volte ospite in passato dell’Università della Terza Età Città di Gubbio nella veste di Cantastorie, questa volta il Ragioniere Darena ha trattato astronomia e mitologia nell’intervento dal titolo “Alza gli occhi al cielo”, frutto dei suoi interessi e delle sue ricerche.

Darena ha saputo catturare l’attenzione dell’uditorio alternando le informazioni  di carattere scientifico relative alla nostra galassia, ai pianeti e alle stelle con quei miti e quelle leggende, frutto della fantasia, con cui spesso gli antichi spiegavano i fenomeni astronomici e naturali, quasi a volerne dominare le cause e gli effetti.


Essi, non essendo il mito intrinsecamente legato allo studio del cielo, erano frutto dell'approccio con il mondo esterno ed i suoi pericoli. Così apparivano in cielo eroi e dei, che in un modo o nell'altro accompagnavano la quotidianità dell'uomo antico.

Tra i tanti, tutti corredati da bellissime immagini di quadri e rappresentazioni figurative che Darena ha proposto con attenta documentazione, il mito di Urano e il mito di Andromeda.


MITO DI URANO

                                                                                                                                                           Giorgio VasariLa mutilazione di Urano da parte di Crono,
                             XVI secoloPalazzo VecchioFirenze                                                                                               
Urano è la personificazione del Cielo in quanto elemento fecondo. Nell'opera di Esiodo, Teogonia, egli è figlio e coniuge di Gea (la Madre Terra). Secondo la teogonia orfica, Urano e Gea sono due figli della Notte.

Secondo la tradizione esiodea Urano si unì a Gea e la fecondò gettando su di essa fertili gocce di pioggia e dando così vita alle prime divinità mostruose. Gea generò molti figli tra cui i Ciclopi Arge, Sterope e Bronte, ognuno dei quali aveva un solo occhio in mezzo alla fronte.

Urano, nel timore di venire spodestato dai suoi forti figli, mise in catene i Ciclopi e li gettò, man mano che nascevano, nel Tartaro, ossia nelle viscere di Gea (detta anche Gaia). Da Gea Urano ebbe altri figli, detti Titani: Oceano, Ceo, Iperione, Crio, Giapeteo, Abseo e Crono, il più giovane.

Gea, ripugnata dall'atto del marito, persuase i Titani ad aggredire il padre e consegnò a Crono una falce da lei fabbricata. Così Urano, colto di sorpresa dal figlio proprio mentre stava per unirsi nuovamente a Gea, fu evirato.

I suoi genitali vennero gettati in mare presso Cipro e dalla spuma marina formatasi nacque Afrodite, mentre le gocce di sangue che caddero sul suolo fecondarono un'ultima volta la terra, dando vita alle Erinni, ai Giganti ed alle Ninfe Melie.


Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85 
Galleria degli Uffizi, Firenze

Detronizzato Urano, i Titani riportarono alla luce i fratelli che erano stati gettati nel Tartaro e consegnarono il potere a Crono.



MITO DI ANDROMEDA

                                    Andromeda incatenata, dipinto di Gustave Doré

I PERSONAGGI del mito di Andromeda

CASSIOPEA -  Regina di Etiopia che offese le Nereidi, ninfe del mare e figlie di Nettuno, sfidandole in una gara di bellezza, così che il dio volle punirla per la sua vanità scagliando contro il suo popolo un mostro marino.

CEFEO -  Marito di Cassiopea e padre di Andromeda, dopo aver consultato l'oracolo di Ammone decise, per placare l'ira del dio del mare, di offrire in sacrificio al mostro la figlia. Per gli egiziani raffigurava il faraone Cheope.

ANDROMEDA -  Figlia di Cefeo e Cassiopea, destinata in sacrificio al mostro marino inviato dal dio Nettuno. La giovane, mentre aspettava la sua triste fine legata ad una roccia, fu improvvisamente salvata dall'arrivo di Perseo che la liberò sconfiggendo poi la terribile belva.

PERSEO -  Figlio di Zeus e Danae, fu confinato in un'isola deserta insieme alla madre perchè un oracolo aveva profetato al nonno che il giovane lo avrebbe spodestato.

In esilio, il re del luogo insidiava Danae, così per liberarsi di Perseo lo inviò alla caccia delle Gorgoni, tremende creature che con lo sguardo pietrificavano chiunque le osservasse. 

L'eroe, grazie all'aiuto di Atena ed Ermes, riuscì nell'impresa ed al ritorno dalla sua avventura s'imbattè in Andromeda che salvò dal mostro marino. E' immaginato mentre tiene in mano la testa della Medusa di cui un occhio è raffigurato dalla stella Algol, l'occhio del diavolo per gli Arabi.


IL MITO di Andromeda

Le disgrazie di Andromeda cominciarono il giorno in cui sua madre sostenne di essere più bella delle Nereidi, un gruppo di ninfe marine particolarmente seducenti. Queste, offese, decisero che la vanità di Cassiopea aveva decisamente superato i limiti e chiesero a Nettuno (Poseidone), il dio del mare, di darle una lezione. 

Per punizione, Nettuno mandò un mostro terribile a razziare le coste del territorio del re Cefeo. Sbigottito per le devastazioni, con i sudditi che reclamavano una sua reazione, l'assediato Cefeo si rivolse all'Oracolo di Ammone per trovare una via d'uscita. Gli fu detto che per quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine: Andromeda.

Ecco che allora l'innocente Andromeda fu incatenata a una costa rocciosa per espiare le colpe della madre, che dalla riva guardava in preda al rimorso. Secondo la leggenda questo evento si verificò sulle coste del Mediterraneo, a Joppa (Giaffa), la moderna Tel Aviv

Mentre Andromeda se ne stava incatenata alla rupe battuta dalle onde, pallida di terrore e in lacrime per la fine imminente, l'eroe Perseo, fresco dell'impresa della decapitazione di Medusa la Gorgone, capitò da quelle parti. Il suo cuore fu rapito alla vista di quella fragile bellezza in preda all'angoscia.

Il poeta latino Ovidio nel suo libro Metamorphoses ci dice che Perseo in un primo momento scambiò Andromeda per una statua di marmo. Ma il vento che le scompigliava i capelli e le calde lacrime che le scorrevano sulle guance gli rivelarono la sua natura umana.

Perseo le chiese come si chiamava e perché era incatenata lì. Andromeda, completamente diversa dalla sua vanitosa madre, in un primo momento, per timidezza, neanche gli rispose; anche se l'attendeva una morte orribile fra le fauci bavose del mostro, avrebbe preferito, per modestia, nascondere il viso tra le mani se non le avesse avute incatenate a quella roccia.


Perseo e Andromeda in un dipinto di Pompei.
L'eroe solleva sopra la ragazza la testa mozza di Medusa.


Perseo continuò a interrogarla. Alla fine, per timore che il suo silenzio potesse essere interpretato come ammissione di colpevolezza, gli raccontò la sua storia, che interruppe improvvisamente, lanciando un urlo di terrore alla vista del mostro che, avanzando fra le onde, muoveva verso di lei.
Un attimo di pausa, per chiedere ai genitori di Andromeda di concedergli la mano della fanciulla, e Perseo si lanciò contro il mostro, lo uccise con la sua spada, liberò l'estasiata Andromeda e la fece sua sposa. 
Più tardi Andromeda gli diede sei figli, compreso Perse, progenitore dei Persiani, e Gorgofone, madre di Tindaro e Icario, entrambi re di Sparta.





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