ALZA
GLI OCCHI AL CIELO
Astronomia
e Mitologia
di Nazareno Darena
con
Università della Terza Età Città di Gubbio
Grande interesse ieri mercoledì 18 novembre 2015 ha
suscitato la “chiacchierata” (così l’ ha voluta chiamare lui stesso) del
Ragioniere Nazareno Darena presso la sala ex Refettorio della Biblioteca
Comunale di Gubbio.
Più volte ospite in passato dell’Università della Terza
Età Città di Gubbio nella veste di Cantastorie, questa volta il Ragioniere
Darena ha trattato astronomia e mitologia nell’intervento dal titolo “Alza gli
occhi al cielo”, frutto dei suoi interessi e delle sue ricerche.
Darena ha saputo catturare l’attenzione dell’uditorio alternando
le informazioni di carattere scientifico
relative alla nostra galassia, ai pianeti e alle stelle con quei miti e quelle
leggende, frutto della fantasia, con cui spesso gli antichi spiegavano i
fenomeni astronomici e naturali, quasi a volerne dominare le cause e gli
effetti.
Essi, non essendo il mito intrinsecamente legato allo studio del cielo, erano frutto dell'approccio con il mondo esterno ed i suoi pericoli. Così apparivano in cielo eroi e dei, che in un modo o nell'altro accompagnavano la quotidianità dell'uomo antico.
Tra i tanti, tutti
corredati da bellissime immagini di quadri e rappresentazioni figurative che Darena
ha proposto con attenta documentazione, il
mito di Urano e il mito di Andromeda.
MITO
DI URANO
Giorgio Vasari, La mutilazione di Urano da parte di Crono,
Urano è la personificazione del Cielo in quanto
elemento fecondo. Nell'opera di Esiodo, Teogonia, egli è figlio e coniuge di
Gea (la Madre Terra). Secondo la teogonia orfica, Urano e Gea sono due figli
della Notte.
Secondo la tradizione esiodea Urano si unì a Gea e la
fecondò gettando su di essa fertili gocce di pioggia e dando così vita alle
prime divinità mostruose. Gea generò molti figli tra cui i Ciclopi Arge,
Sterope e Bronte, ognuno dei quali aveva un solo occhio in mezzo alla fronte.
Urano, nel timore di venire spodestato dai suoi forti
figli, mise in catene i Ciclopi e li gettò, man mano che nascevano, nel
Tartaro, ossia nelle viscere di Gea (detta anche Gaia). Da Gea Urano ebbe altri
figli, detti Titani: Oceano, Ceo, Iperione, Crio, Giapeteo, Abseo e Crono, il
più giovane.
Gea, ripugnata dall'atto del marito, persuase i Titani
ad aggredire il padre e consegnò a Crono una falce da lei fabbricata. Così
Urano, colto di sorpresa dal figlio proprio mentre stava per unirsi nuovamente
a Gea, fu evirato.
I suoi genitali vennero gettati in mare presso Cipro e
dalla spuma marina formatasi nacque
Afrodite, mentre le gocce di sangue che caddero sul suolo fecondarono
un'ultima volta la terra, dando vita alle Erinni, ai Giganti ed alle Ninfe
Melie.
Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85
Galleria degli Uffizi, Firenze
Detronizzato Urano, i Titani riportarono alla luce i
fratelli che erano stati gettati nel Tartaro e consegnarono il potere a Crono.
MITO
DI ANDROMEDA
Andromeda incatenata, dipinto di Gustave Doré
I PERSONAGGI del mito di Andromeda
CASSIOPEA - Regina di Etiopia che offese le
Nereidi, ninfe del mare e figlie di Nettuno, sfidandole in una gara di
bellezza, così che il dio volle punirla per la sua vanità scagliando contro il
suo popolo un mostro marino.
CEFEO - Marito
di Cassiopea e padre di Andromeda, dopo aver consultato l'oracolo di Ammone
decise, per placare l'ira del dio del mare, di offrire in sacrificio al mostro
la figlia. Per gli egiziani raffigurava il faraone Cheope.
ANDROMEDA - Figlia di Cefeo e Cassiopea,
destinata in sacrificio al mostro marino inviato dal dio Nettuno. La giovane,
mentre aspettava la sua triste fine legata ad una roccia, fu improvvisamente
salvata dall'arrivo di Perseo che la liberò sconfiggendo poi la terribile
belva.
PERSEO - Figlio
di Zeus e Danae, fu confinato in un'isola deserta insieme alla madre perchè un
oracolo aveva profetato al nonno che il giovane lo avrebbe spodestato.
In esilio, il re del luogo insidiava Danae, così per
liberarsi di Perseo lo inviò alla caccia delle Gorgoni, tremende creature che
con lo sguardo pietrificavano chiunque le osservasse.
L'eroe, grazie all'aiuto
di Atena ed Ermes, riuscì nell'impresa ed al ritorno dalla sua avventura
s'imbattè in Andromeda che salvò dal mostro marino. E' immaginato mentre tiene
in mano la testa della Medusa di cui un occhio è raffigurato dalla stella
Algol, l'occhio del diavolo per gli Arabi.
IL MITO di Andromeda
Le disgrazie di Andromeda cominciarono il giorno in cui
sua madre sostenne di essere più bella delle Nereidi, un
gruppo di ninfe marine particolarmente seducenti. Queste, offese, decisero che
la vanità di Cassiopea aveva decisamente superato i limiti e chiesero a Nettuno
(Poseidone),
il dio del mare, di darle una lezione.
Per punizione, Nettuno mandò un
mostro terribile a razziare le coste del territorio del re Cefeo. Sbigottito
per le devastazioni, con i sudditi che reclamavano una sua reazione,
l'assediato Cefeo si rivolse all'Oracolo di
Ammone per trovare una via d'uscita. Gli fu detto che per
quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine: Andromeda.
Ecco che allora l'innocente
Andromeda fu incatenata a una costa rocciosa per espiare le colpe della madre,
che dalla riva guardava in preda al rimorso. Secondo la leggenda questo evento
si verificò sulle coste del Mediterraneo,
a Joppa (Giaffa),
la moderna Tel Aviv.
Mentre Andromeda se ne stava
incatenata alla rupe battuta dalle onde, pallida di terrore e in lacrime per la
fine imminente, l'eroe Perseo, fresco dell'impresa della decapitazione
di Medusa la Gorgone,
capitò da quelle parti. Il suo cuore fu rapito alla vista di quella fragile
bellezza in preda all'angoscia.
Il poeta latino Ovidio nel suo libro Metamorphoses ci dice che Perseo in
un primo momento scambiò Andromeda per una statua di marmo. Ma il vento che le
scompigliava i capelli e le calde lacrime che le scorrevano sulle guance gli
rivelarono la sua natura umana.
Perseo le chiese come si
chiamava e perché era incatenata lì. Andromeda, completamente diversa dalla sua
vanitosa madre, in un primo momento, per timidezza, neanche gli rispose; anche
se l'attendeva una morte orribile fra le fauci bavose del mostro, avrebbe
preferito, per modestia, nascondere il viso tra le mani se non le avesse avute
incatenate a quella roccia.
Perseo e Andromeda
in un dipinto di Pompei.
L'eroe solleva sopra la ragazza la
testa mozza di Medusa.
Perseo continuò a interrogarla. Alla
fine, per timore che il suo silenzio potesse essere interpretato come
ammissione di colpevolezza, gli raccontò la sua storia, che interruppe
improvvisamente, lanciando un urlo di terrore alla vista del mostro che,
avanzando fra le onde, muoveva verso di lei.
Un attimo di pausa, per
chiedere ai genitori di Andromeda di concedergli la mano della fanciulla, e
Perseo si lanciò contro il mostro, lo uccise con la sua spada, liberò
l'estasiata Andromeda e la fece sua sposa.
Più tardi Andromeda gli diede sei
figli, compreso Perse,
progenitore dei Persiani, e Gorgofone,
madre di Tindaro e Icario,
entrambi re di Sparta.
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